Perugia – Vivevano da anni in Umbria, tra lavoro stabile, figli e una routine serena. Ora, una coppia mista – lei britannica, lui italiano – rischia di vedersi separata non per scelta, ma a causa delle rigide regole imposte dalla Brexit.
Sarah Douglas, insegnante d’inglese originaria del Regno Unito, si è trasferita in Italia nel 2007. Qui ha costruito una famiglia con Matteo Ricci, programmatore per un’azienda informatica. Insieme hanno tre figli, tutti minorenni e cittadini britannici, cresciuti tra le colline perugine.
Il sogno di tornare a casa, infranto dalla burocrazia
La coppia aveva deciso di trasferirsi nel Regno Unito per avvicinarsi ai genitori anziani di Sarah. Ma la legge britannica, riformata dopo la Brexit, prevede condizioni rigide per i ricongiungimenti familiari con coniugi stranieri: chi fa richiesta deve guadagnare almeno 29.000 sterline l’anno oppure disporre di risparmi pari a 88.500 sterline.
Una soglia che penalizza famiglie come quella di Sarah e Matteo, che pur avendo entrambi un reddito stabile, non possono sommare i guadagni se il richiedente – in questo caso Sarah – vive ancora all’estero.
“Dovrei trasferirmi da sola con tre figli”
“La legge mi obbligherebbe a trasferirmi nel Regno Unito senza mio marito, da sola con tre bambini. Per almeno sei mesi. Una follia”, racconta Sarah. “I nostri figli non capiscono perché non possano vivere nel Paese dove sono nati i loro nonni e i cugini. Perché la nostra famiglia non vale?”
Una situazione paradossale, che la Brexit ha trasformato da questione burocratica a dramma personale.
Una questione europea, e di diritti umani
Il Migration Advisory Committee, organo consultivo del governo britannico, ha recentemente chiesto una revisione del sistema: tra le proposte, l’abolizione della soglia reddituale o l’applicazione di criteri più flessibili, nel rispetto dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela il diritto alla vita familiare.
Intanto, associazioni come Reunite Families UK parlano apertamente di “danni gravi e silenziosi” causati da queste norme. “Si tratta di famiglie reali, di bambini che soffrono, di genitori che si trovano costretti a scegliere tra l’amore e il permesso di soggiorno”, denunciano.
Una famiglia in stand-by
Oggi Sarah, Matteo e i loro figli restano a Perugia, sospesi tra due mondi. In attesa che la politica riveda una norma che, per ora, non lascia spazio all’umanità.
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